Le ripercussioni del Brexit sul sistema bancario italiano

brexit

L’onda d’urto del Brexit è stata quasi altrettanto grave sul Tevere quanto sul Tamigi. Infatti, i mercati temono che la decisione di uscire dall’Unione Europea da parte della Gran Bretagna porterà ad una crescita più debole in Europa e a tassi di interesse ancora più bassi. Questo non è sicuramente un bene per le banche italiane, già appesantite dalle quotazioni di mercato (come evidenziato da alcuni broker come IG) e legate ad un’economia fragile. Le azioni di UniCredit, la realtà più grande del sistema bancario italiano, sono scivolate di un terzo. Quelle della seconda realtà più importante, Intesa Sanpaolo, hanno invece perso il 30% del loro valore. Tuttavia, la banca che ha risentito maggiormente dal Brexit è Monte dei Paschi di Siena, fondata nel 1472. Questa, secondo gli analisti di Morgan Stanley, ha bisogno dai 2 ai 6 miliardi di euro di ulteriori capitali.

Negli corso degli anni, diversi governi europei hanno versato del denaro nei loro sistemi bancari, sulla scia della crisi finanziaria. L’Italia invece non lo ha fatto nella speranza, mal riposta, che la ripresa economica potesse alleggerire il suo peso sulle sofferenze bancarie. La maggior parte di queste ammontano a 200 miliardi di euro, o 83 miliardi al netto degli accantonamenti. Inoltre, il 29 luglio le autorità di vigilanza europee saranno tenute a pubblicare i risultati degli “stress test” condotti sui 51 istituti di credito europei. Probabilmente, non vedremo uscirne bene il Monte dei Paschi (già uno dei nove istituti di credito italiani a fallire i test nel 2014). L’istituto senese rischia quindi di non essere l’unico ad uscire malconcio dalla prossima prova.

Perciò Matteo Renzi vorrebbe aiutare le banche e ricapitalizzare, in caso di necessità. Ma le recenti regolamentazioni europee hanno vietato i cosiddetti “aiuti di Stato” alle aziende, rendendo il compito molto più difficile da portare a termine. Il salvataggio delle quattro banche avvenuto nel mese di Novembre, unito ad un nuovo simile intervento, potrebbe portare, secondo alcuni osservatori esteri, alla sconfitta di Renzi. Il premier Italiano, inoltre, si è esposto sul prossimo referendum di ottobre sulla riforma costituzionale, giocandoci la sua leadership del suo partito e del paese.

La posta in gioco è alta anche per la Commissione europea che non vuole vedere piegate le nuove regole già dalla prima volta che vengono applicate. Allo stesso tempo non è neanche auspicabile una diatriba, che si preannuncia ardente, con uno dei membri fondatori dell’Unione Europea in un momento delicato come quello del post Brexit. Perciò, si è alla ricerca di una soluzione che consenta all’Italia di immettere denaro nelle banche, risparmiando in tal modo gli obbligazionisti. Una possibile soluzione potrebbe essere una iniezione precauzionale di soldi da parte dello Stato per preservare la stabilità finanziaria dell’istituto finanziario senza metterlo in risoluzione. Questa mossa potrebbe essere implementata prima dello stress test in modo da poter “aiutare” il più antico istituto finanziario italiano nella prova imminente che lo attende.