Come si chiama il tuo gatto?
Come si chiama il tuo gatto? Come hai scelto il suo nome? Magari ne hai più di uno? Sembra che in ogni famiglia italiana, ci sia almeno un animale domestico. Io ho passato i primi 26 anni della mia vita senza la loro compagnia. I successivi 10 invece, li ho condivisi con tanti cani e gatti. Per me, questa premessa è fondamentale, perchè chi dovesse conoscermi solo oggi, che vivo con 2 boxer e una decina di gatti, non potrebbe immaginare che, non sono sempre stato cosi premuroso e affezionato agli animali. L’ aver vissuto prima senza e poi con cani e gatti mi permette di essere obiettivo su certe questioni. Mi spiego meglio.
C’è gente purtroppo, che se ti vede piangere per la morte di un gatto, ti scoppia a ridere in faccia, permettendosi pure di fare battutine come: “eh dai…..piangi per un gatto?”, che sono in assoluto le cose più stupide e senza cuore, che una persona che soffre, possa sentire. Anche io non comprendevo la sofferenza e il pianto di chi perdeva il suo cane o gatto. Per fortuna però la mia non comprensione, non è si è trasformata in insensibilità. Nonostante questo, provo comunque vergogna di me stesso, per non aver capito. Oggi so che quelle persone piangevano perchè quel gatto, era un membro della loro famiglia. E questo lo so perchè ad un certo punto della mia vita, mi sono ritrovato a vivere in una casa con parecchi gatti. Inizialmente non avevo con loro nessun tipo di rapporto. Per me era come se non esistessero e io non esistevo per loro. Ma con il passare dei giorni, hanno cominciato ad abituarsi alla mia presenza e si avvicinavano per strusciarsi alle mie gambe. Quando questo avveniva mentre ero seduto a tavola, addirittura sobbalzavo. Il mio era un misto di spavento e fastidio. Il contatto con un gatto mi faceva sentire sporco. Correvo in bagno a sciacquarmi la gamba! Non parliamo poi dei loro tentativi di entrare nel letto per dormire insieme. Eppure non avevo nulla contro di loro, solo non volevo contatti. Oggi invece so che quella sensazione di sporco, qualche volta sono i gatti a provarla. E si perchè, se dopo essersi leccati, passo ad accarezzarli, loro riprendono a leccarsi proprio nel punto in cui li ho toccati, appunto per ripulirsi!
Ognuno di loro aveva un nome e anche questo può sembrare strano e forse ridicolo per chi non possiede animali. Io non interagivo con loro, non mi importava affatto quale nome avessero, tanto non li avrei mai chiamati. E per molti anni, la convivenza con loro è stata difficile. I loro ripetuti tentativi di “fare amicizia” erano fastidiosi. Avrei voluto che il rapporto si fosse semplicemente basato sul “tu non dai fastidio a me e io non do fastidio a te”. Ma loro non desistevano e nonostante tutto, si stavano affezionando a quel ragazzo sgorbutico, che non aveva nessuna attenzione per loro. Ripeto, parlare oggi di quello che ero allora, mi fa vergognare un bel pò. Ma in questo modo chi legge, capirà che posso parlare con molta obiettività del rapporto uomo/animali. Perchè prima di essere quello che sono oggi, anche io sono stato un uomo insensibile.
E la mia insensibilità ha toccato il suo culmine, proprio nel momento in cui ho cominciato a condividere i miei spazi, con gli animali domestici. Li è iniziato lo scontro, una guerra quotidiana per la conquista dell’amore. Il mio cambiamento è stato difficile e lento: sono passati 2 anni prima che il mio cuore si aprisse per ricevere il loro amore. Ed è successo per il classico colpo di fulmine.
Un giorno, venni a conoscenza che nei pressi di un distributore di benzina sull’autostrada, viveva abbandonato, un gatto rosso. A volte era preso a calci dai clienti, qualcun altro gli dava una carezza, qualcuno gli lasciava un pò di cibo. Ma non poteva di certo vivere in quel modo e in quel posto. Cosi chiesi di portarmelo a casa. Per 3 giorni attesi il suo arrivo, ma il gatto non era stato più avvistato. Ero molto nervoso. Poi finalmente una sera arrivò a casa. Quando lo poggiarono a terra, lui venne verso di me e io mi inginocchiai per abbracciarlo. Aveva dei lunghi peli rossi, era bellissimo, ma era molto magro. Mi dicevano che era pieno di pidocchi, ma a me non importava. Giocammo tutta la sera con palline di carta improvvisate e da allora diventammo inseparabili. Un giorno camminando sulla tastiera del mio computer, schiacciò 3 tasti e scrisse: “Biù” che divenne poi il suo nome. Qualsiasi cosa lui stesse facendo, quando pronunciavo quelle 3 lettere, lui correva verso di me. Poi con il tempo, ho iniziato anche a chiamarlo “Rosso“. Lo chiamavo “Biù” per farlo avvicinare a me (per giocare o per dargli cibo) mentre “Rosso” era una specie di richiamo all’ordine, quando faceva il dispettoso o quando trovandosi in giardino, scappava per non rientrare in casa.
Credo quindi, che i nomi diventino alla fine, una specie di codice fra l’uomo e i gatti. Io stesso ho imparato con il tempo, a capire le differenze fra i suoi miagolii, il significato di alcune sue posizioni, delle movenze e tanto altro. Con il passare degli anni, sono arrivati altri gatti, quasi tutti raccolti dalla strada. Ad alcuni sono stati dati nomi di persona, ad altri nomi onomatopeici, ad altri in base alle loro caratteristiche fisiche o peculiarità caratteriali. Posso dire che non ci sono gatti uguali agli altri, nemmeno quelli dello stesso colore lo sono. Hanno tutti un carattere diverso, esigenze diverse, abitudini diverse. C’è quello che ama salire fino in cima sull’albero di noci, c’è quello che cammina sul tetto, c’è quello solitamente calmo ma che per 5 minuti al giorno si scatena e cammina sulle porte! C’è quello che fa salti mortali per prendere la pallina da ping pong, c’è quello che ama schiaffeggiare topolini di stoffa, c’è quello che ama stare sul tappeto mentre lo trascino per tutta la casa. E poi c’è quello che ama farti i massaggi, quello che aspetta che entri in letto per venire vicino a dormire. C’è quello che viene a salutarti quando ti svegli. C’è quello che (comprensibilmente) non vuole mangiare il cibo nel suo piattino, ma prende un pezzo e inizia una lotta fatta di schiaffi, zampettate, balzi e morsi prima di decidersi a mandarlo giù. C’è quello che quando non gli dai quello che vuole, fa gli occhi dolci, li socchiude per ammaliarti e accidenti se non ti convince!. E potrei continuare. Come potrebbero tutte queste differenti personalità non avere un nome? Dovrei forse chiamarli tutti gatto? Ognuno di essi risponde al mio richiamo. Se sono sul letto e chiamo Giulia, è solo lei a venire e credetemi non sono un addestratore. E c’è pure un gatto che quando lo chiamo, risponde con quello che per lui dovrebbe essere il mio nome! E poi ai gatti fa piacere sentire il loro nome, lo considerano come un gesto d’ affetto, perchè sanno che è riferito solo a loro. Con gli anni, sono riuscito a trattarli con rispetto, ed è stato importante far capire questo alle persone che mi circondano. Per gli altri, quelli che come me in passato, non capiscono, ho solo dispiacere, perché non sanno cosa si perdono. E di fronte alla loro perplessità, faccio presente il mio esempio: anche io ero come voi. Ci sarebbero tante cose da dire sui gatti, ma mi piacerebbe cominciare dal nome. Come si chiama il tuo gatto e come è nata la scelta del nome?