Artigianato e nuove tecnologie: sono incompatibili?
Una nota marca di divani, negli ultimi anni, è andata pubblicizzando il proprio prodotto tramite lo slogan “artigiani di qualità”, il che può sembrare banale, ma in un’era come la nostra, così lanciata vero le nuove tecnologie, scegliere di farsi pubblicità attraverso una modalità di produrre che molti definiranno antiquata, nel suo piccolo è una rivoluzione.
Significa voler rimettere al centro la manualità, il fatto a mano, la tradizione, il che, nell’era digitale, può sembrare un controsenso, eppure ha il suo perché.
L’artigianato italiano è stato a lungo il perno, il fulcro, non soltanto del made in Italy, ma dell’eccellenza europea, riconosciuta in tutto il mondo, a prescindere dal tipo di prodotto in sé, senza contare che, le corporazioni artigiane del Medioevo rappresentano i primissimi sindacati, quindi è chiaro che la storia gloriosa di questo tipo di produzione ha radici molto profonde quanto nobili.
E tuttavia, l’artigianato è stato, a partire dalla Rivoluzione Industriale, sempre più scalzato, fin quasi a cadere nel dimenticatoio, in un mondo che privilegia la quantità alla qualità … ma è sempre così? No.
Perché molte attività artigianali ancora sopravvivono in Italia, la nota marca di divani non è la sola a prediligere il gusto del fatto a mano e, vi sorprenderà, in questo, le nuove tecnologie, invece che essere deleterie, rappresentano una marcia in più. La parola d’ordine oggi infatti è: artigianato digitale.
Normalmente la prima cosa che si pensa quando si sente parlare di artigianato è fatto a mano, fatto come una volta, produzione manuale … ma se questa produzione potesse essere coadiuvata dalla tecnologia?
Secondo un’indagine della Fondazione Nord Est, riportata lo scorso giugno dal Sole 24 Ore, nel settore moda è sempre più comune l’utilizzo di scanner 3D e digital mirror al fine di perfezionare il più classico dei passaggi nella produzione sartoriale: la misurazione della persona; nel settore orafo si prediligono sempre di più le stampanti 3D e i laser, per una maggiore precisione nelle incisioni, e ancora, il settore mobili e arredi si attesta come vincitore in questa nuova rivoluzione, utilizzando le nuove tecnologie per l’8% della produzione, rispetto al 4,8% della media generale (dati della Fondazione Nord Est).
Non solo produzione, comunque. Il grosso della rivoluzione digitale si gioca nel virtuale, sul web, e in un mondo globalizzato come il nostro, è chiaro che a farla da padrone sia la comunicazione. I social networks, così demonizzati eppure amati, non servono mica soltanto a condividere gattini. E poi l’e-commerce, ormai giunto quasi al massimo dell’espansione.
L’indagine della Fondazione Nord Est parla di una media che oscilla grossomodo tra il 10% e il 15% quando si parla di digitalizzazione del prodotto, cioè disponibilità online e utilizzo dei social networks, il che può sembrare una percentuale ancora bassa, ma se si pensa che l’artigianato è sempre stato ritenuto l’ambito più conservatore, tradizionalista per eccellenza, è un grosso passo in avanti.
Ad aiutare, in effetti, è stata anche la crisi degli ultimi anni: i giovani si ritrovano senza sbocchi, e riscoprono il valore della tradizione manuale, contribuendo dunque a una rivoluzione che, almeno per ora, passa inosservata, ma che ha tutti i numeri per sbalordirci nei prossimi anni.