Appalti, compleanno in chiaroscuro per il nuovo Codice

Stretta di mano

Un testo più snello, con 217 articoli contro i 600 dell’ultima versione, e soprattutto più efficiente, almeno nelle aspettative e nelle promesse: il portale Appaltitalia ci ricorda che compie un anno il nuovo Codice degli Appalti in Italia, che ha rimesso mano a un settore fondamentale per l’economia nazionale, con un impatto pari a circa il 15% del Pil del Paese. Ma come sono andati davvero questi dodici mesi?

Il giudizio del ministro Delrio

Il primo a intervenire sul giudizio di merito sul compleanno della riforma è uno dei suoi protagonisti, ovvero il ministro delle infrastrutture Graziano Delrio: secondo il componente del Governo Gentiloni (già alla guida del Dicastero dall’aprile del 2015, con la nomina dell’allora premier Renzi), il primo anno di attuazione del nuovo Codice è stato caratterizzato da una serie di difficoltà, che però erano prevedibili e in parte attese.

Gli obiettivi della riforma

Delrio infatti considera “comprensibili” queste criticità, vista la complessità della materia e la necessità, inevitabile anche per le richieste dell’Unione Europea, di apportare una serie di adeguamenti e adempimenti di accompagnamento a quello che era un corpus normativo caotico e poco efficiente, per gli operatori e per gli stessi enti. L’obiettivo finale, ambizioso ma concreto, era di sviluppare una nuova disciplina improntata a linee guida come valorizzazione della progettazione, il contrasto alla corruzione, la qualificazione e la riduzione delle stazioni appaltanti e la semplificazione degli adempimenti.

Lo stato delle cose

Come detto, alcuni punti sono stati già centrati in fase di approvazione, a cominciare appunto dalla riduzione del numero degli articoli, ma per altri la situazione è più complessa; sulle stazioni appaltanti, ad esempio, si pensava di scendere da 35 mila a meno di mille, ma ora il target sembra essere stato “risollevato” a circa seimila, mentre sul fronte corruzione le notizie di cronaca raccontano di situazioni ancora molto gravi.

Punti mancati

Snaturato anche l’aspetto che riguardava i criteri di assegnazione delle gare: in fase preliminare di approvazione del testo di legge, infatti, si parlava di abbandono del “ribasso” a favore di un sistema che favorisse la qualità dei lavori anziché il prezzo più basso; eppure, nella realtà dei fatti non c’è stata questa rivoluzione e i criteri continuano a convivere e a essere utilizzati (a esclusione degli appalti sopra soglia un milione di euro, dove è stato introdotto l’obbligo di ricorrere all’offerta più vantaggiosa).

Impatto sulle gare

Insomma, un prevedibile distacco tra desiderata e applicazione concreta. La stessa che appare dal confronto tra le dichiarazioni ottimistiche di un anno fa sulla crescita del numero di gare e lavori e la lettura dei dati sugli appalti banditi: al di là di una forse inevitabile fase di stallo nei primi mesi del nuovo regime, con le Stazioni Appaltanti “timorose” sulle procedure cambiate, anche la restante parte dell’anno non ha invertito un trend quanto meno lento.

Blocco agli appalti

Lo rilevava già il primo focus dell’Anac della scorsa estate, che segnalava come le incertezze e rallentamenti nelle procedure derivanti dalla adozione del nuovo Codice degli appalti avessero bloccato la produzione dell’edilizia in Italia, provocando un calo del 52,5% in termini di numerosità e del 61,8% in termini di importo degli interventi lavori pubblici nel solo periodo tra il 19 aprile e il 30 giugno 2016 rispetto allo stesso segmento del 2015. Simile discorso poteva essere fatto anche per le gare di forniture e servizi.

Miglioramenti in corsa

A un anno di distanza lo scenario non sembra troppo differente, anche se nel frattempo sono intervenute correzioni varie, nuove linee guida e, proprio in queste settimane, un ulteriore decreto correttivo al Codice che dovrebbe limare le imperfezioni segnalate dagli operatori e dalle associazioni di categoria.